Stuzzicante. Gustosa. Stratificata. “Ti ho sposato per allegria” è la prima delle undici commedie di Natalia Ginzburg, scritta nel 1965, tre anni dopo il suo capolavoro “Lessico famigliare”, vincitore del Premio Strega. Come in quasi tutta la sua produzione affronta temi eterni come l’amore, le relazioni, le madri, la morte, la diseguaglianza sociale. E ancora una volta ne parla quasi senza parlarne raccontando storie in apparenza semplici e familiari con la lingua concreta di tutti i giorni. “Ti ho sposato per allegria” nel suo inconsueto articolarsi tra assenze e presenze è una sorta di vertigine, di labirinto che conduce nello stesso punto dal quale si è partiti e da dove si riparte forse cercando un altro percorso. Chissà? Da qualche parte prima o poi si dovrà uscire. O forse no, proprio come in quella cosa che continuiamo a chiamare vita.
Una commedia irresistibilmente comica per il suo ritmo e i dialoghi efficaci, né buonista né consolatoria. I sentimenti li hanno i personaggi evocati e viventi attraverso il racconto. Personaggi che costruiscono un mondo intero ma anche un’epoca segnata da cambiamenti straordinari, che poi dopo pochi anni esploderà nella rivolta, nelle conquiste sociali e nello scontro politico.