“Mortòri” è il progetto solista di Aris Bassetti. Che non è mai davvero solo. È un corpo aperto, un organismo che cambia pelle ogni volta. Sul palco, “Mortòri” diventa un collettivo, capitanato da Aris, ma animato da una rete viva di performer. “Mortòri” non è solo musica, è un’entità che attraversa i corpi e i linguaggi. È una sensazione che tutti nella vita abbiamo vissuto, quando ci si sente morire per qualcosa che finisce.
Ogni concerto è un rituale diverso con un’estetica tra musica, teatro e verità. È in dialetto ticinese, non per folklore, ma per necessità. Il dialetto è lingua madre e lingua del sangue: più sincera, più scomoda, più viva. Le canzoni parlano di perdita, di dolore e fragilità. Lo fanno con parole dure, poetiche, a volte crudeli, su una base sonora che mescola un’attitudine punk, un gusto retro, elettronica e tribalismi post-pop.
Ogni concerto è un’esperienza immersiva: tra fumo, strobo, luci UV e interazioni teatrali; il pubblico non assiste, ma partecipa. Mortòri non suona semplicemente: invoca, disturba, abbraccia, rompe e ricompone.
